Riformare l'Italia e spazzare via l'immondizia leghista

martedì 28 settembre 2010

Definizione di paese democratico credibile
La credibilità di un paese si basa sulla capacità di chi lo governa e sulla maturità dei cittadini, che sanno valutare chi hanno eletto, rispetto ai risultati ottenuti.  Tanto più un paese sarà capace di cambiare gli uomini di governo, tanto più sarà il vero controllore della società.
Un paese democratico credibile produce cittadini che hanno il rispetto delle regole e delle istituzioni. I governanti sono solo dei rappresentanti che hanno il dovere di attuare i programmi votati dalla maggioranza dei cittadini. La forza dei governanti non deve essere diretta all’affermazione del proprio privilegio, ma profuso nella realizzazione dei programmi che sono stati approvati.
 Domanda: Come mai questo in Italia non avviene?
Proviamo a dare delle risposte.
La storia degli ultimi sessant’anni  del nostro paese ha visto, a livello politico, scandali di dimensioni preoccupanti.
L’Italia usciva dal dopo guerra con le ossa rotte. Basti pensare quanto è costata la ricostruzione. Bisogna fermarsi qui e analizzare il fenomeno o i fenomeni che hanno poi  caratterizzato la politica italiana fino ai giorni nostri.
I governi degli anni cinquanta e sessanta si sono preoccupati si di fare ripartire l’economia del nostro paese, ma allo stesso tempo non hanno fatto la cosa più importante: tenere sotto controllo la delinquenza organizzata e per tale mi riferisco alla mafia, la camorra e la ‘ndrangheta.
La nostra “Costituzione”, l’”Inno”, l’appartenenza alle tradizioni cristiane sono state portate avanti in modo egregio. Soprattutto la “Costituzione” è ancora oggi la base valida del nostro ordinamento.
Il popolo italiano degli anno cinquanta era costituito da numerosi analfabeti e semi analfabeti facile preda di politici che li raggiravano per ottenere voti.  Nel sud chi propose la politica sono le stesse organizzazioni mafiose, che attraverso il latifondo e lo sfruttamento dell’ignoranza e spesso con la forza, imponevano i propri uomini “d’onore”.
Ricordo negli anni sessanta, nelle mie visitazioni al sud, di cui sono natio, che la stragrande maggioranza dei cittadini del luogo non sapevano che cosa fosse la democrazia, abdicando i loro diritti al latifondista, al sindaco, al farmacista, al parroco e a chi rappresentava in quel momento una “autorità”, fosse anche un “fesso”. L’italiano degli anni cinquanta e sessanta ha sempre guardato all’uomo “forte”, dimenticando presto cosa era stato il fascismo. Ricordo, come se fosse ieri, che l’associazione agricoltori aveva a capo il nobile del paese, che trattava quei poveri contadini come veri sudditi, indicando loro dove votare. In un dialetto molto stretto, il nobile indicava lo “scudo crociato” della democrazia cristiana e, con sguardo severo, prossimo all’ira, troneggiava contro i simboli comunisti, come se si trattasse del diavolo .
Nel frattempo le autorità del paese vedevano bene di sistemare i propri parenti e amici degli amici nei posti di comando. Ed infine, se avanzavano disponibilità, accontentavano i cittadini. Ma in che modo? Con un programma? Niente affatto. I cittadini, meglio popolani, con il cappello in mano si presentavano dal sindaco, dal farmacista, dal parroco o dal nobile del paese e presentavano le loro richieste di sistemazione di una situazione personale.
In parole povere i cittadini erano “sudditi” e i governanti “padroni”. Questo tipo di rapporto ce lo siamo trascinati ai giorni nostri.
E’ vero che in molte metropoli la situazione è cambiata. Ma le metropoli non fanno la maggioranza. I conti si fanno in provincia, dove la politica passa attraverso il vecchio meccanismo del servilismo e della raccomandazione. Siccome tra il raccomandato e il raccomandante si crea un legame inscindibile, è ovvio che il cittadino che ottiene un piacere, non si lamenterà mai delle ruberie del raccomandante. Quindi se il politico “raccomandante” delinque, agli occhi del raccomandato e di tutta la sua famiglia, costui resterà un benefattore. Purtroppo di questi benefattori l’Italia ne è piena.
I nostri politici sono in gran parte dei inaffidabili. Spaziando da destra a sinistra, non si vedono uomini disposti ad anteporre gli interessi del paese rispetto a quelli personali o di casta.
Quando parliamo di ricostruire la politica dobbiamo partire dal cittadino, da noi stessi. Non dobbiamo chiedere nulla al governante. Il cappello in mano lo dovremo portare solo per rispetto a quello che il politico rappresenta “noi stessi”. Il compito del politico è realizzare l’obbiettivo per cui è stato eletto. Il politico è al “servizio” del cittadino e non viceversa come avviene in Italia.,
La vera rivoluzione sta nel creare il “nuovo cittadino” il quale deve credere in modo inequivocabile nelle “Istituzioni” altrimenti non si va da nessuna parte. Un conto è migliorare le istituzioni, un altro conto è screditarle.
Per “Istituzioni” intendo il potere “Giudiziario”, “Il Parlamento” e “Il Presidente della Repubblica”.
Nel  momento in cui viene a mancare il rispetto per questi organi, la democrazia è a rischio. Basta vedere gli ultimi anni caratterizzati dall’annosa e stressante situazione giudiziaria del Presidente del Consiglio, che ha portando il paese in un baratro pericolosissimo. Forse non ci rendiamo conto della gravità di questo comportamento. Basti osservare l’informazione: il nostro premier è l’unico al mondo che controlla giornali e reti televisive e di conseguenza gran parte della Rai. Siamo l’unico paese che permette che il “Potere politico” nega a quello giudiziario la possibilità di processare un uomo politico.
Paesi come gli Stati Uniti, Inghilterra e Germania non permettono tutto questo. Se un politico è soggetto ad indagine giudiziario si dimette volontariamente, per rispetto di tutto il tessuto politico e per potersi difendere in modo più appropriato. Un indagato, in certi paesi, è invitato dai suoi stessi  colleghi di partito, a dimettersi. Perché in Italia non avviene? Semplice, perché tutti hanno scheletri e ossari nell’armadio. Allora ecco il veto del Parlamento. Come può un parlamento, che annovera nelle proprie file una schiera nutrita di condannati in via definitiva altri in attesa di giudizio e altri ancora sottoposti ad indagine, concedere le autorizzazioni a procedere? Non lo farà mai. Infatti tutti costoro quando vengono chiamati avanti la giustizia dichiarano di essere perseguitati.
Sarebbe ora che i “popolani” divenissero “cittadini” che guardassero al nostro paese come un territorio da riformare.  Personaggi  come i “Leghisti” in un paese civile non avrebbero neppure potuto esistere. Costoro mostrano il dito medio alla “bandiera”, insultano una città e i suoi cittadini (Roma) e tramano la scissione. E noi glielo permettiamo? Ma siamo impazziti? Questi sconsiderati si inventano la “Padania” che non è mai esistita se non nell’ignoranza di “popolani” che li applaudono urlando ed acclamando la propria stupidità, e facendosi scherno di tantissimi onesti settentrionali, per niente stupidi, offendendoli.
Ci sarebbe da ridere se fossero relegati in un teatrino di paese. Purtroppo costoro stanno al governo e guarda caso non solo non fanno gli interessi della “Padania”, salvando un presunto camorrista con i loro voti in Parlamento, ma forzano per un federalismo fatto di insulti e apologie di reato, senza mostrare il benché minimo di programmazione politico-economico. Slogan, solo volgari slogan da paese delle banane.
Se vogliamo veramente rifondare l’Italia e farla diventare una nazione democratica, affidabile e credibile dobbiamo cominciare da noi stesso rifiutando ogni situazione di compromesso con sistemi mafiosi e isolando chi dell’Italia conosce solo i grugniti dei porci che allevava quando stava a Gemonio, in attesa di inventarsi un lavoro redditizio alle spalle di chi lo ha sostenuto.
Credere nelle Istituzioni significa credere in se stessi e nel futuro.

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