Grazie ai politici italiani siamo "pizza e mafia"

giovedì 30 settembre 2010

"Italia solo pizza e mafia". E’ quanto affermata dalla nota casa americana Apple. Indignazione della Brambilla che chiede i danni di immagine. Tutto falso? Tutto vero?
Vorrei essere d’accordo con la rossa. Non di Maranello ma quella di Calolziocorte in provincia di Lecco. Siamo tanto bravi ma poi ci lasciamo andare ad indignazioni di forma, dovute. Sulla pizza ne sarei veramente orgoglioso. E’ buona, veloce da fare e va giù con dell’ottima birra. Quello che non va giù sono proprio quelli che non dovrebbero dare occasione di farci definire in modo vergognoso.
Per mafia, malaffare, intrallazzo l’Italia ha il primato.  Basta vedere chi ci rappresenta e non è difficile dare torto alla Apple.
L’ultima? Ciarrapico. Sissignori l’ex presidente della squadra calcio Roma, ora politico, così evita di farsi arrestare di nuovo. Costui invece di godersi silenziosamente l’impunità tuona contro Fini. A buona o cattiva ragione lo lascio al vostro giudizio. Sta di fatto che a fare un commento alla situazione non è un politico senza macchia, bensì un ex pregiudicato e rincorso da molti anni dalla giustizia.
Eccovi il personaggio
Violazione della legge che tutela il lavoro minorile. Ciarrapico è stato condannato nel 1974 dal pretore di Cassino che gli infligge una multa di 623.500 lire per aver violato per quattro volte la legge che tutela “il lavoro dei fanciulli e degli adolescenti”, sentenza confermata poi in Cassazione.
Casina Valadier. Condannato a quattro anni e mezzo di reclusione, ridotti nel 1999 in Cassazione a 3 anni, per gli sviluppi della vicenda «Casina Valadier», crac da 70 miliardi della società, inglobata irregolarmente da Ciarrapico nella sua "Italfin '80".
Lo scandalo Safim.- Inquisito anche per lo scandalo della Safim-Italsanità, il 18 marzo del 1993 viene spiccato nei suoi confronti un mandato di custodia cautelare: entra a Regina Coeli il 21 marzo, insieme aMauro Leone, figlio dell'ex Presidente della Repubblica e dirigente dell'AS Roma con la gestione Ciarrapico. I due vengono ricoverati nell'infermeria del carcere, mentre la società sportiva sprofonda nel caos. Il 24 aprile dello stesso anno a Ciarrapico vengono concessi gli arresti domiciliari.
Il finanziamento illecito ai partiti. L’11 maggio viene revocato il mandato di custodia cautelare ma la libertà è breve perché Ciarrapico è di nuovo arrestato e trasferito a Milano, con l'accusa di Finanziamento illecito ai partiti. Nel 2000, dopo sette anni, Ciarrapico viene condannato in via definitiva, tuttavia, in ragione della sua età, viene affidato ai servizi sociali.
Il crack dell'Ambrosiano Nel 1996 è condannato anche nel processo relativo al crack del Banco Ambrosiano di Roberto Calvi, in primo grado a 5 anni e mezzo di reclusione, ridotti in appello a 4 anni e mezzo. Successivamente gli sono stati condonati 4 anni, ed è stato condannato a scontare gli ultimi 6 mesi in "detenzione domiciliare" per motivi di salute. La condanna è stata confermata dalla Cassazione. Non ha mai risarcito i danni alle parti civili, cambiando continuamente residenza.
Lo stalking a giornalista. Nel marzo 2010 la procura di Cassino chiede per Ciarrapico il rinvio a giudizio con l'accusa di "Stalking”  a mezzo stampa" che sarebbe stato attuato dal senatore ed editore tramite il quotidiano di sua proprietà Nuovo Molise Oggi, con articoli e vignette, pubblicate quasi giornalmente e contenenti insulti, accuse e allusioni a sfondo sessuale rivolti alla giornalista Manuela Petescia, direttrice dell'emittente Telemolise e moglie di un altro senatore PdL, Ulisse di Giacomo; con la giornalista avrebbe avuto in precedenza dei contrasti. Della vicenda, per l'unicità del reato ipotizzato, hanno mostrato interesse alcuni ricercatori dell'Università di Cambridge.
La truffa editoriale. Nel maggio 2010 la Guardia di Finanza ha sequestrato immobili, quote societarie e conti correnti nell'ambito di un'inchiesta della Procura di Roma, in cui Ciarrapico è accusato di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche. Le due imprese editoriali controllate da lui tramite suo figlio e prestanome avrebbero percepito illecitamente circa 20 milioni di euro di contributi tra il 2002 e il 2007.
Questo si definisce è un “uomo”, che dopo aver rubato miliardi ed essere stato condannato ripetutamente dalla giustizia, e  che cambia ripetutamente residenza per non pagare quanto stabilito dalla condanna, siede in Senato mentre gente onesta paga per essere insultata in questo modo.

Se vogliamo toglierci il marchio infamante che ci identifica all’estero dobbiamo liberarci di questi delinquenti che ci governano.
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Riformare l'Italia e spazzare via l'immondizia leghista

martedì 28 settembre 2010

Definizione di paese democratico credibile
La credibilità di un paese si basa sulla capacità di chi lo governa e sulla maturità dei cittadini, che sanno valutare chi hanno eletto, rispetto ai risultati ottenuti.  Tanto più un paese sarà capace di cambiare gli uomini di governo, tanto più sarà il vero controllore della società.
Un paese democratico credibile produce cittadini che hanno il rispetto delle regole e delle istituzioni. I governanti sono solo dei rappresentanti che hanno il dovere di attuare i programmi votati dalla maggioranza dei cittadini. La forza dei governanti non deve essere diretta all’affermazione del proprio privilegio, ma profuso nella realizzazione dei programmi che sono stati approvati.
 Domanda: Come mai questo in Italia non avviene?
Proviamo a dare delle risposte.
La storia degli ultimi sessant’anni  del nostro paese ha visto, a livello politico, scandali di dimensioni preoccupanti.
L’Italia usciva dal dopo guerra con le ossa rotte. Basti pensare quanto è costata la ricostruzione. Bisogna fermarsi qui e analizzare il fenomeno o i fenomeni che hanno poi  caratterizzato la politica italiana fino ai giorni nostri.
I governi degli anni cinquanta e sessanta si sono preoccupati si di fare ripartire l’economia del nostro paese, ma allo stesso tempo non hanno fatto la cosa più importante: tenere sotto controllo la delinquenza organizzata e per tale mi riferisco alla mafia, la camorra e la ‘ndrangheta.
La nostra “Costituzione”, l’”Inno”, l’appartenenza alle tradizioni cristiane sono state portate avanti in modo egregio. Soprattutto la “Costituzione” è ancora oggi la base valida del nostro ordinamento.
Il popolo italiano degli anno cinquanta era costituito da numerosi analfabeti e semi analfabeti facile preda di politici che li raggiravano per ottenere voti.  Nel sud chi propose la politica sono le stesse organizzazioni mafiose, che attraverso il latifondo e lo sfruttamento dell’ignoranza e spesso con la forza, imponevano i propri uomini “d’onore”.
Ricordo negli anni sessanta, nelle mie visitazioni al sud, di cui sono natio, che la stragrande maggioranza dei cittadini del luogo non sapevano che cosa fosse la democrazia, abdicando i loro diritti al latifondista, al sindaco, al farmacista, al parroco e a chi rappresentava in quel momento una “autorità”, fosse anche un “fesso”. L’italiano degli anni cinquanta e sessanta ha sempre guardato all’uomo “forte”, dimenticando presto cosa era stato il fascismo. Ricordo, come se fosse ieri, che l’associazione agricoltori aveva a capo il nobile del paese, che trattava quei poveri contadini come veri sudditi, indicando loro dove votare. In un dialetto molto stretto, il nobile indicava lo “scudo crociato” della democrazia cristiana e, con sguardo severo, prossimo all’ira, troneggiava contro i simboli comunisti, come se si trattasse del diavolo .
Nel frattempo le autorità del paese vedevano bene di sistemare i propri parenti e amici degli amici nei posti di comando. Ed infine, se avanzavano disponibilità, accontentavano i cittadini. Ma in che modo? Con un programma? Niente affatto. I cittadini, meglio popolani, con il cappello in mano si presentavano dal sindaco, dal farmacista, dal parroco o dal nobile del paese e presentavano le loro richieste di sistemazione di una situazione personale.
In parole povere i cittadini erano “sudditi” e i governanti “padroni”. Questo tipo di rapporto ce lo siamo trascinati ai giorni nostri.
E’ vero che in molte metropoli la situazione è cambiata. Ma le metropoli non fanno la maggioranza. I conti si fanno in provincia, dove la politica passa attraverso il vecchio meccanismo del servilismo e della raccomandazione. Siccome tra il raccomandato e il raccomandante si crea un legame inscindibile, è ovvio che il cittadino che ottiene un piacere, non si lamenterà mai delle ruberie del raccomandante. Quindi se il politico “raccomandante” delinque, agli occhi del raccomandato e di tutta la sua famiglia, costui resterà un benefattore. Purtroppo di questi benefattori l’Italia ne è piena.
I nostri politici sono in gran parte dei inaffidabili. Spaziando da destra a sinistra, non si vedono uomini disposti ad anteporre gli interessi del paese rispetto a quelli personali o di casta.
Quando parliamo di ricostruire la politica dobbiamo partire dal cittadino, da noi stessi. Non dobbiamo chiedere nulla al governante. Il cappello in mano lo dovremo portare solo per rispetto a quello che il politico rappresenta “noi stessi”. Il compito del politico è realizzare l’obbiettivo per cui è stato eletto. Il politico è al “servizio” del cittadino e non viceversa come avviene in Italia.,
La vera rivoluzione sta nel creare il “nuovo cittadino” il quale deve credere in modo inequivocabile nelle “Istituzioni” altrimenti non si va da nessuna parte. Un conto è migliorare le istituzioni, un altro conto è screditarle.
Per “Istituzioni” intendo il potere “Giudiziario”, “Il Parlamento” e “Il Presidente della Repubblica”.
Nel  momento in cui viene a mancare il rispetto per questi organi, la democrazia è a rischio. Basta vedere gli ultimi anni caratterizzati dall’annosa e stressante situazione giudiziaria del Presidente del Consiglio, che ha portando il paese in un baratro pericolosissimo. Forse non ci rendiamo conto della gravità di questo comportamento. Basti osservare l’informazione: il nostro premier è l’unico al mondo che controlla giornali e reti televisive e di conseguenza gran parte della Rai. Siamo l’unico paese che permette che il “Potere politico” nega a quello giudiziario la possibilità di processare un uomo politico.
Paesi come gli Stati Uniti, Inghilterra e Germania non permettono tutto questo. Se un politico è soggetto ad indagine giudiziario si dimette volontariamente, per rispetto di tutto il tessuto politico e per potersi difendere in modo più appropriato. Un indagato, in certi paesi, è invitato dai suoi stessi  colleghi di partito, a dimettersi. Perché in Italia non avviene? Semplice, perché tutti hanno scheletri e ossari nell’armadio. Allora ecco il veto del Parlamento. Come può un parlamento, che annovera nelle proprie file una schiera nutrita di condannati in via definitiva altri in attesa di giudizio e altri ancora sottoposti ad indagine, concedere le autorizzazioni a procedere? Non lo farà mai. Infatti tutti costoro quando vengono chiamati avanti la giustizia dichiarano di essere perseguitati.
Sarebbe ora che i “popolani” divenissero “cittadini” che guardassero al nostro paese come un territorio da riformare.  Personaggi  come i “Leghisti” in un paese civile non avrebbero neppure potuto esistere. Costoro mostrano il dito medio alla “bandiera”, insultano una città e i suoi cittadini (Roma) e tramano la scissione. E noi glielo permettiamo? Ma siamo impazziti? Questi sconsiderati si inventano la “Padania” che non è mai esistita se non nell’ignoranza di “popolani” che li applaudono urlando ed acclamando la propria stupidità, e facendosi scherno di tantissimi onesti settentrionali, per niente stupidi, offendendoli.
Ci sarebbe da ridere se fossero relegati in un teatrino di paese. Purtroppo costoro stanno al governo e guarda caso non solo non fanno gli interessi della “Padania”, salvando un presunto camorrista con i loro voti in Parlamento, ma forzano per un federalismo fatto di insulti e apologie di reato, senza mostrare il benché minimo di programmazione politico-economico. Slogan, solo volgari slogan da paese delle banane.
Se vogliamo veramente rifondare l’Italia e farla diventare una nazione democratica, affidabile e credibile dobbiamo cominciare da noi stesso rifiutando ogni situazione di compromesso con sistemi mafiosi e isolando chi dell’Italia conosce solo i grugniti dei porci che allevava quando stava a Gemonio, in attesa di inventarsi un lavoro redditizio alle spalle di chi lo ha sostenuto.
Credere nelle Istituzioni significa credere in se stessi e nel futuro.
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La Brambilla difende gli uccelli

venerdì 24 settembre 2010

Il PDL è allo sbando. Tutti contro tutti. E Silvio che dice?
Animalisti contro cacciatori, la Brambilla contro Giovanardi e. Intanto l’intera delegazione PDL del partito popolare europeo tira la giacca al premier  e lo invitano a fermare l’ ex modella della Omsa. Povero Silvio preso tra le battute di Grillo che lo vogliono apparentato ad un ramo di emigrati giapponesi e le marachelle di Fini, ci voleva pure la Brambilla?
Tutto questo accade mentre Cicchitto accusa Bersani di avere  circuito la Brambilla ad una festa paesana in Emilia. Bersani ha seccamente smentito mentre nascondeva sotto il divano un paio di reggicalze inconfondibili.
Silvio Saionara sapeva che la bellezza non si sposa con i calcoli politici? La poveretta della Brambilla al massimo poteva fargli una sfilata di moda, intrattenere i suoi cugini venuti da Tokyo e servire il caffè a Giovanardi, mentre discute di politica con Gasparri, indossando una tuta integrale anti sputi.
 Ma la Vittoria non ci sta. Non è stata solo una modella ma anche imprenditrice, donna impegnata nel sociale, ex giornalista ecc.ecc.  Il papà di Vittoria la lanciata nel mondo imprenditoriale, quando ancora si occupava di giornalismo. Che volete di più? Per avere 43 anni di cose ne ha fatte. Ne avessi fatta una io in 60 anni ne sarei felice. Ma si sa che l’abilità, la professionalità  non è parente della scaltrezza e della furbizia.
Insomma come la definiamo questa eroina dell’anti-vivisezione? Velina o leader incompresa?
Sta di fatto che ha messo in crisi tutti i colleghi di partito, persino l’altra regina dello spettacolo, Iva Zanicchi, la quale se l’è cavata con un “non sapevo cosa stessi votando, mica posso vedere tutto quello che mi passano sotto gli occhi?”. Meglio passare per una stupida oca che per cattivo servitore. Iva ha scelto di fare l’oca, mestiere che gli riesce bene.
 Le beghe di partito appartengono alla vecchia politica, quella tanto contestata dal giapponese di Arcore, il samurai di Macherio, che oggi si vede servita su un piatto ben caldo. Ma si dice che la cosa che infastidisce il nostro samurai è che abbia cambiato l’intimo senza averlo avvisato.
Una volta tanto l’ex modella imprenditrice giornalista ne ha fatta una buona. Ha sposato una nobile causa infischiandosene di tutti i Giovanardi. Gli do 10. Speriamo non mi deluda.
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Anno Zero mette in crisi il sistema televisivo nazionale

 Il Pdl, tramite i soliti Cicchitto e Gasparri, veri, onesti e disinteressati  osservatori dei mezzi televisivi attaccano Santoro ed “Anno Zero” accusandoli di informazione e dibattito a senso unico, privo di contraddittorio. Vero che il nostro premier, scegliendo Cicchitto e Gasparri, non poteva trovare di meglio come scendiletto. I due “fantozzi” danno addosso al solito Travaglio e al tribunale mediatico di Santoro.
Veniamo ai fatti e facciamo le dovute osservazioni.
Castelli, rappresentante del governo, ha ammesso tra l’altro “di aver parlato troppo”. Bocchino fa parte dello schieramento di centro destra che governa. Forse mancavano il “mentone” Belpietro e il “collezionista di querele” Feltri, impegnati presso l’Ordine dei Giornalisti, a dare qualche spiegazione.
Se osserviamo il panorama televisivo, si osserva che il governo controlla con molta tranquillità ben 5 TV nazionali: le 3 reti Mediaset, Rai 1 e Rai 2. L’unico cavallo pazzo che non riesce a controllare è “Anno Zero”.
Di che si lamentano al governo? Ma di che parlano?
Le reti Mediaset  dimenticano di informare i telespettatori delle notizie più importanti, come la crescente disoccupazione, la crisi finanziaria ed economica e delle aziende che quotidianamente chiudono. Al contrario ci danno il quadro di un’Italia che perde meno in Europa e si dimentica di dire che lo stipendio medio dell’italiano è il fanalino di coda di tutta l’Europa. In compenso i 2/3 dei TG sono dedicati alla morte di Sandra Mondaini (a cui mando un grosso bacio) e nemmeno ricordandola nei suoi vecchi show, ma facendocela vedere quotidianamente su una sedia a rotelle mentre delira qualcosa. Squallido e mancanza di rispetto verso la stessa Sandra. Le altre notizie che campeggiano sui TG di Mediaset , sono dedicate a quelle donne di malaffare chiamate veline, addirittura “attrici”, analfabete, degne aspiranti di nuove donne in odore di politica. Ci si spreca sulla vita privata di una persona amorale e rozza come Fabrizio Corona e della sua amata, che ci sorbiamo nei numerosissimi spot pubblicitari. Come rimpiango Megan Gale, almeno non aveva pretese di sedere un giorno in Parlamento.
Sul fronte Rai le cose non vanno certo meglio. Rai 1 è tenuta sotto scacco dalla cariatide berlusconiana di Minzolini, che il giornalismo lo ha scoperto una mattina, seduto sul water, leggendo “Tiramolla”. Lo stesso direttore della Rai, Masi, fa egregiamente il suo lavoro di “indignato speciale”, pronto prendere le distanze ed a mettere i bastoni fra le ruote all’unica trasmissione fuori dal coro. Poi c’è il venditore dei suoi libri Vespa, chiaramente legato a Mondadori, che tira avanti un “porta a porta” che sembra più il cannellone di ingresso di Villa Macherio. Che dire poi del leghista-terrone Paragone? Poveretto ce la mette tutta per fare l’anti-Santoro. Ma scherziamo? Era meglio morire da piccoli.
Il nostro premier ha ben donde di lamentarsi, ma lo deve fare con chi non la pensa come lui. Se la deve prendere con la metà degli italiani che lo vogliono a casa. Non è colpa di Santoro se fa guadagnare 14milioni alla Rai, mentre i suoi TG, gestiti da spazzini dell’informazione, non rendono un fico secco. Qui parlo esclusivamente in termini share, di resa pubblicitaria. Ma chi mette la pubblicità vicino al TG4 di Fede? Forse la scopa “pippo” o “pulident”, per quattro vecchi rincoglioniti che non hanno ancora il digitale terrestre.
Ha ragione Beppe Grillo quando dice che se ne devono andare a casa tutti. Ha ragione nel dire che questa politica è morta e sepolta e parlano di se e non dei problemi degli italiani. Sono morti e non lo sanno. La verità è che Santoro ha dato voce a Grillo e ha cercato di lanciare il suo messaggio, quello fatto di verità sacrosante. Ha mimato Bossi (un vecchio paralitico che scorreggia) e Berlusconi (74enne zigomato tanto da somigliare  ad un giapponese) come in realtà sono e tutto ciò che li circonda è spazzatura, immondizia.
Mentre l’informazione va dietro a questa politica fatta di cadaveri, molti giovani cominciano a muoversi e parlano d’altro. Proveranno a fare una politica nuova, dove i protagonisti, i leader sono tutti loro.
I giovani non guardano questa televisione. Se capissimo questo,capiremmo  perché i ragazzi si rivolgono al web e si organizzano per aderire a quei movimenti come 5 stelle e popolo viola, che parlano di ecologia, di smaltimento intelligente dei rifiuti e di energie alternative.
Molti hanno già adottato la differenziata. Facciamolo tutti e cominciamo con lo smaltire queste vecchie mummie incancrenite che ci parlano di un’Italia che no esiste e ci raccontano favole come il ratto delle “padane”  e che una “trota”, senza ne arte e ne parte, può diventare, a 22 anni, un rispettabile politico e pagato dallo Stato. La Padania non esiste, è una grossa stronzata che si è inventato Bossi perché non riusciva a trovare un lavoro che lo pagasse senza lavorare. Però, purtroppo, la “trota” in carriera esiste e si chiama Renzo Bossi.
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Emergenza federalismo

giovedì 23 settembre 2010

Considerazioni
Il Federalismo è da sempre Il cavallo di battaglia della Lega. L’attuazione, perseverata dai seguaci di Bossi, è una maschera che nasconde ben altro: la scissione, il pallino di sempre di questa classe politica che attinge la propria etica in valori inventati e che nulla hanno a che vedere con gli interessi locali del nord e con quel senso di democrazia moderna. La Lega vuole prendersi le poltrone e fare quello che fanno i politici di tutti i tempi: un centro di potere economico sociale. E’ sufficiente analizzare la composizione di questa compagine partitica per rendersi conto della qualità delle proposte. Gente improvvisata, che parte dai comizi organizzati in paesi rurali e neo-industrializzati, alimentando il campanilismo e sparando a zero sugli apparati dello Stato. Altri cavalli di battaglia, usati per convincere le masse umili, sono la difesa del territorio, la sicurezza e la lotta all’extra comunitario. Troppo facile ma efficace. Lo dimostrano i risultati elettorali. I grandi partiti di massa dei lavoratori sono stati affondati da chi una volta militava nelle loro fila: Umberto Bossi. Il buon Umberto le ha provate tutte da giovane, pur di crearsi un lavoro che gli desse tante soddisfazioni economiche con il minimo sforzo. Cerca di sfondare come cantante facendosi chiamare “Donato”. Ottiene un diploma per corrispondenza presso la Radio Elettra di “perito tecnico elettronico”. Fa molti mestieri , l’operaio, lavora nell’informatica e si iscrive a Pavia alla facoltà di medicina . Si impegna politicamente a sinistra passando da quasi tutti gli schieramenti. Insomma un bel giorno si inventa la “Lega Nord”.
La sinistra, nel frattempo, è troppo presa a vincere le elezioni e contrastare il “berlusaconismo”, tanto da dimenticarsi delle proprie origine e lascia quel vuoto che s’impossessa Bossi e quell’armata brancaleone che oggi vanta la reggenza dell’attuale governo. Chi l’avrebbe mai detto? E’ pensare che tutti l’hanno capito, tranne i vertici del vecchio PDS, Ulivo dopo e attuale PD.
Come recuperare?
L’unico modo per recuperare il terreno perso è, per tutti, togliere alla Lega il vessillo e proporre un federalismo vero, fatto di numeri e convenienze per tutte le regioni e per lo Stato centrale. Il federalismo proposto dalla lega è quello della festa di paese fatto di slogan come questi: “via gli immigrati” e giù insulti; “vogliamo le ronde” e vai con altri insulti; “vogliamo come inno il va pensiero” e dagli con altre parolacce; “le scuole devono insegnare i dialetti” e via di questo passo. Tutte proposte che sanno poco di federalismo ma di molto populismo. E’ come aizzare un cane contro un gatto.
Noi vorremmo che i politici discutessero di federalismo favorendo, all’interno delle regioni, le attività più consone alla conformazione geologica e tradizioni di quel territorio. Ci piacerebbe che il federalismo fosse fatto di numeri, di studi economici che permettessero una riduzione del peso fiscale e un miglioramento delle strutture e infrastrutture del paese. Ci piacerebbe vedere l’attuazione di un federalismo che parlasse di occupazione, di risparmio energetico, e di raccolta differenziata dei rifiuti urbani. Tutte cose che il federalismo “bosino” non ha mai affrontato per incompetenza.
L’invito che facciamo alla politica è di occuparsi dell’attuazione del vero federalismo, discutendone nel luogo più opportuno e appropriato: il Parlamento. In questo modo il federalismo sarebbe di tutte le forze politiche e non un’arm,a nelle mani di un manipolo di irresponsabile, che annovera nelle sue fila sobillatori come Mario Borghezio che non nasconde i suoi gusti intrisi di nazismo e fascismo estremo.
L’Italia è il paese di Dante, Manzoni, Caravaggio, Leonardo da Vinci, Donizetti e tantissimi altri distribuiti equamente lungo tutto lo stivale. Costoro non sono  il patrimonio federalista su cui dividerci, anzi sono l’arma della cultura che tiene in piedi una nazione. Tutti ci dovremmo identificare in quei personaggi, mentre il federalismo dovrebbe dare solamente  una migliore gestione del territorio, della localizzazione del territorio.
Se le forze politiche in campo facessero del federalismo una priorità e la portassero in Parlamento con urgenza, la Lega verrebbe ridotta a quella che era: un’associazione di fannulloni. Anche perché la Lega è al governo e per il federalismo non ha fatto altro che fare “L’opposizione” a se stessa.
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Zaia indignato di "Distretto di polizia 10" ma non dei disoccupati veneti

mercoledì 22 settembre 2010

Il governatore del Veneto spara addosso a Confalonieri e si lamenta con l'amico di schieramento che un personaggio della celebre fiction di Canale 5, recentemente inserito è un poliziotto bergamasco presentato come poco intelligente e sensibile da molti.
Zaia ricorda a Confalonieri che Mediaset è azienda padana e vive della pubblicità richiesta dalle aziende del nord. Quindi? Ovvio levata di scudi a favore del popolo nordista. Povero Confalonieri, adesso deve pure decidere quale pubblico perdere: nord o sud? Ma da buon manager taglia corpo alle lamentele del leghista, tutto teso a dare una storia e una cultura ad un popolo che sulla carta geografica non esiste. L'Italia è una e comprende anche la Lombardia e il Veneto. Qui a Bergamo non ho sentito e letto da nessuna parte che ci fossero delle lamentele a riguardo. Forse la gente di Bergamo è presa in tutt'altre faccende del tipo "lavorare", "produrre" e "rilassarsi" quando il tempo a disposizione lo permette. I bergamaschi non si sentono poco intelligenti e insensibili perché oltre che essere bergamaschi sono anche italiani. Nelle terre orobiche sono nati personaggi come Donizetti, Michelangelo Merisi detto il "Caravaggio", Giacomo Manzù, Papa Giovanni XXIII, e andiamo avanti?
Invece il governatore Zaia di tempo libero ne ha; tanto che si perde nella visione di fiction televisive.
Vorrei ricordare al governatore del Veneto che invece di occuparsi di gossip, visto il lauto stipendio che gli passa il Veneto e lo Stato italiano, si preoccupasse della disoccupazione nella sua regione. Il 40% dei giovani veneti è disoccupata, mentre il tasso di disoccupazione è salito al 7.6%. (vedere Corriere del Veneto del 2/6/2010 http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/economia/2010/2-giugno-2010/disoccupazione-record-giovani-1703124214521.shtml).

E che dire della Indesit di  Refrontolo, in provincia di Treviso, che sta chiudendo i battenti, che assieme a quelli di Brembate, creeranno altri 500 disoccupati con le relative famiglie.
Questi sono i problemi di cui si dovrebbe occupare un governate. Ma se proprio vuole dedicarsi alla cultura consiglierei a Zaia di leggersi, se l'ha mai fatto, qualche libro interessante, visto che di tempo ne ha, e che prima di parlare bisognerebbe sempre contare fino a 10.
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Riparte Anno Zero giovedì 23/9

martedì 21 settembre 2010

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Berlusconi alla frutta. Chiede i voti ai fascistelli di Storace

Dopo il teatrino deprimente di agosto, della politica italiana, siamo arrivati a quello ancora più squallido di settembre.
Alla festa della Destra di Storace, davanti ad una folla di vecchi tromboni incravattati e dame d’altri tempi, il premier dal palco rincara la dose a Fini, rinfacciandogli le colpe della situazione politica di fine luglio.
Berlusconi, con la sua tipica falsa cordialità, ricorda al gerarca Storace la loro antica amicizia, fatta anche di scontri leali guardandosi negli occhi. L’eroe di Macherio, il trasformista di Arcore e Cavaliere della Brianza leghista, si augura pure che nel prossimo futuro un membro di questa brodaglia, trita di vecchio fascismo scolorito, possa ricoprire una carica governativa. A questo punto ci mancava che Berlusconi si assentasse solo un momento per ritornare sul palco con la divisa e stivaloni, cimeli regalatigli dal suo amico, macellaio di Tripoli e beduino, con seconda residenza in una tenda nei pressi di un parco romano.
il Presidente del Consiglio passa poi ad incensarsi con i soliti ritornelli propagandistici. “L’Italia”, dice, “è un paese di benestanti e l’85% ha una casa”. Peccato che non ci racconti di quelle numerose famiglie che non pagano le rate del mutuo per mancanza di fondi; peccato che non ci ricordi di quante unità è aumentata la disoccupazione (vedere gli ultimi dati pubblicato dalle camere di commercio). Riguardo alle pensione afferma che l’età media degli italiani si è elevata notevolmente e che quindi possano andare in pensione in età più avanzata. Perché non lo va a raccontare alle migliaia di ultracinquantenni che un lavoro non lo troveranno mai? Se già i giovani fanno la fila per trovare un lavoro precario, chi se lo assume un sessantenne? Ma lo sa il nostro Casanova brianzolo che è più facile fare una rapina in banca che trovare uno straccio di lavoro?
Se il premier non avesse visitato Storace, a elemosinare voti e consensi ed a ravvivare con la sua presenza da comico alla Mediaset, questa festa sarebbe passata inosservata, e i vecchi tromboni che lo hanno applaudito, avrebbero potuto continuare a sonnecchiare in attesa di assalire il buffet, dopo i noiosi e ritriti ritornelli da palcoscenico di vecchi regimi.
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Docente suicida a Palermo, ma i media non ne parlano

lunedì 20 settembre 2010


Leggo con stupore una notizia ripresa su siciliainfomazione.com. ignorata dal circuito dei media nazionali.
"Il collega Norman Zarcone è vittima di quei professori baroni che con il loro sistema corrotto e clientelare hanno soffocato la speranza di tanti giovani". A sostenerlo è la presidenza provinciale di Azione Universitaria.
La nota prosegue:
"Il suo tragico gesto, proprio nella facoltà di Lettere - prosegue la nota -, sembra quasi un messaggio diretto a quanti sono responsabili della cosiddetta parentopoli che blocca l'accesso alla carriera universitaria. I professori di Lettere,
sempre in prima linea contro ogni riforma che mira a cambiare il sistema di reclutamento dei docenti e dei ricercatori, dopo la morte di Norman dovrebbero riflettere sulla necessità di modificare radicalmente l'università italiana". "La proposta dell'assessore Centorrino - conclude Azione Universitaria - di conferire un titolo accademico a Norman Zarcone arriva tardi. Non si può aspettare la morte di un giovane per riconoscergli il merito".
Flavio Arzarello, coordinatore nazionale della Fgci, l'organizzazione giovanile del Pdci, rincara:
"Ha ragione chi sostiene che la morte di Norman Zarcone non è un suicidio ma un omicidio, che pesa come un macigno sulle coscienze di quella politica arida, attenta solo a se stessa e non al futuro dei giovani. Noi sappiamo - continua - chi sta ammazzando i sogni di intere generazioni: gli impavidi vestiti da politici, le svariate cricche che governano il nostro Paese, i burattinai vestiti da Cesare e tutti quelli che fingono di volere il nuovo affinché nulla cambi". "La situazione che stava vivendo Norman - aggiunge - è quella che attraversa la maggioranza dei dottorandi italiani: le punte di eccellenza delle nostre università hanno visto progressivamente cancellato il diritto a un futuro decente. Il ministro Gelmini ed il governo Berlusconi, che hanno enormi responsabilità di questa situazione, tra tagli e privatizzazioni, si chiedano se l'Italia che abbandona al loro destino le sue menti migliori è oggi un Paese civile".
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Quale identità nazionale?

mercoledì 15 settembre 2010

L'Italia è senza unità nazionale. La destra al governo è divisa e sotto scacco del terzo incomodo: la Lega Nord. A sinistra le cose non vanno meglio. Il PD è diviso tra moderati, troppo moderati e Vendola. Gli altri contendenti, l'UDC e IDV, sono in attesa di capire chi li seguirà nelle loro mosse. Intanto l'Italia del pallone viene eliminata nelle battute iniziali del campionato del mondo; poteva essere un collante temporale per un'Italia così divisa. La Ferrari arranca e non sbalordisce. La Rai, che dovrebbe rappresentare l'informazione pubblica, fa sapere attraverso Minzolini, già ripreso tra l'altro da Garimberti, che in Italia c'è solo Berlusconi mentre il resto non conta nulla.
Un paese così spaccato e senza identità e dignità nazionale provoca solo malcontenti e disoccupazione. Infatti le aziende sono abbandonate a se stesse mentre i mercati vanno avanti per inerzia, aspettando che qualcuno li scuota. La scuola inizia tra programmi incomprensibili e corpo insegnate decimato.
La maggior parte dei quotidiani preferisce come argomento principale le diatribe dei politici e dei loro familiari. In un momento del genere i tromboni come Feltri e Belpietro trovano terreno fertile per sparare mostri in prima pagina, mentre nulla ci fanno sapere sulla situazione economica del paese. Ma si sa gli ordini del padrone (non editore) non si discutono. Le reti televisive ci informano delle ripresine, che la disoccupazione in Italia è inferiore ad altri paese dell'Unione. Bella consolazione.
Intanto la lotta tra PDL e Finiani interrompe il soliloquio berlusconiano del "fare". Sembra pure che questa sosta sia stata paventata dallo stesso leader governativo. In fondo mi sapete dire come si fa a sistemare una situazione politica-economica come la nostra? Qualsiasi provvedimento si voglia adottare si avrà contro sempre qualcuno. Troppe classi, troppe lobby.
Basta guardare le varie fasce socio politiche: La Confindustria, i Sindacati, le associazioni degli artigiani e dei commercianti, i partiti politici, le associazione dei professionisti (Notai, avvocati, medici ecc.ecc.), la stampa prezzolata rappresentativa di partiti politici e di tutte le categorie menzionate prima, sono l'Italia che non riesce a trovare un denominatore comune, una identità che ci rappresenti.
Che fare
Un passo indietro sarebbe la parola d'ordine per tutti e per per tutte le classi e categorie rappresentative di questo paese. Il primo passo indietro lo dovrebbe fare la politica, i partiti e chi li rappresenta. Se è vero che la crisi non si risolve con le proteste di piazza e le pretese di chi ha necessità di sopravvivere, è vero che per fare capire agli italiani che è il momento di rimboccarsi le maniche, l'esempio deve venire dalla politica.
La riforma della politica deve iniziare dal taglio del numero dei politici che la compongono: Parlamento, Governo, Ministeri. Un paese moderno, tecnologicamente evoluto, nell'era dei computer può fare a meno di politici che vanno avanti e indietro per il paese a spese dello Stato, trascinando con sé parenti, amici e amici degli amici. Un taglio del 50% del numero dei soli parlamentari, la riduzione di un altro 50% sugli stipendi di quelli restanti, porterebbe un risparmio nelle casse dello Stato di circa 180mln di euro (circa 360 miliardi delle vecchie lire).
La seconda riforma riguarda il governo. Il Ministero della Pubblica Amministrazione, Renato Brunetta, preferisce sparare a zero sui dipendenti pubblici e su alcune questioni non gli si può dare torto, ma nulla ha fatto per ridurre gli sprechi del governo stesso. Un esempio: perché un membro del governo, parlamentare, prende il doppio stipendio? Chi governa non sta in parlamento e viceversa. Basta calcolare il numero dei ministri parlamentari e moltiplicarlo per cira 20mila euro al mese e vedete che cosa ne risulta. Il Ministero delle Riforme per il Federalismo (Titolare U. Bossi) e quello per la Semplificazione Normativa (Titolare Roberto Calderoli), sono a titolarità leghista. Qualcuno mi sa spiegare perché ci vuole un Ministero per queste problematiche quando abbiamo 1000 parlamentari che potrebbero benissimo legiferare in merito? E' chiaro che questi Ministeri sono fatti per dare poltrone e potere a chi diversamente dovrebbe ritrovarsi per strada come un comune disoccupato, a sbarcare il lunario o il Lunardi.
Nel frattempo ci sono tante piccole aziende che chiudono e altre medio-grandi che guadagnano. La forbice degli utili si allarga a favore dei grossi imperi. Confindustria dovrebbe preoccuparsi di quelle piccole e medie aziende che non beneficiano di situazioni di mercato monopolistiche. Confindustria avrebbe la possibilità di invitare i grossi gruppi a sviluppare lavori favorendo le piccole aziende italiane, e non a girare in parte o in tutto il lavoro a quei paesi dove il costo del lavoro è decisamente da terzo mondo. Un minimo di etica sociale dovrebbe investire il mondo imprenditoriale, i manager e tutti quelli che hanno potere decisionale nelle aziende. Una nuova era di sacrificio a favore di chi i sacrifici li fa da sempre, sarebbe una risposta morale al paese.
La politica del guadagno a tutti i costi, senza patria e confini, ha creato un sentimento di qualunquismo senza limiti negli individui. Tutto è lecito. Gli altri non contano nulla. Il mondo va così. Questo è il pensiero dell'italiano medio. La professionalità e il senso del dovere sono solo parole da spendere per una falsa morale. La morale è solo una parola e non un modo di essere e di rappresentare.
Se prendete qualsiasi VIP che va in TV parlerà di valori, di famiglia, di onestà e di lavoro sudato. Poi venite a sapere che ha l'amante e figli fatti con altre mogli. Poi venite a sapere che ha frodato il fisco portando i soldi nei paradisi fiscali. Inoltre di sudato questi signori hanno solo le magliette usate sugli yacht a prendere il sole o a intrattenere veline e velette, che di questo termine ne hanno fatto un lavoro, un modo per emergere.
Non si salva neppure l'apparato ecclesiastico, tormentato da secoli, con i fantasmi dell'inquisizione, della pedofilia e di un falso vangelo riscritto a danno di Cristo e di tutti i veri cristiani. Predica bene il governatore del Vaticano e se ne guarda bene di aprire le porte del suo Stato alla fame e agli esuli, e preferisce ricevere in pompa magna dittatori e sanguinari piuttosto che straccioni ridotti alla fame.
Allora bisogna cambiare il nostro modo di pensare. Proviamo a dare fiducia a quei giovani che sono peraltro sconosciuti e che si propongono con l'unico mezzo che abbiamo: il web. Proviamo a portare avanti qualcuno di questi non rampolli, non raccomandati, non sporcati dalla politica di sempre. Guardiamo ai giovani che ci stanno vicini, nella nostra città, nel nostro quartiere, e proviamo a lanciare un messaggio innovatore e seppelliamo per sempre questi vecchi tromboni che con la loro politica ci hanno portato alla rovina.
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